La Commissione Centrale per gli esercenti le professioni Sanitarie, con decisione del 16.5.2019, ha respinto il ricorso di un medico avverso la delibera dell'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Piacenza, con la quale era stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per tre mesi.
Al sanitario veniva, dunque, contestata la violazione del Codice Deontologico per aver “divulgato le proprie tesi in materia di terapie mediche alternative, screditando i protocolli tradizionali anche nelle ipotesi di comprovata efficacia perché riconosciuti dalla comunità scientifica, con atteggiamento denigratorio nei confronti della medicina ufficiale. Tale attività di divulgazione avveniva per fini di lucro, in una situazione di conflitto di interessi”. L’attività di “informazione medica” posta in essere dal sanitario in questione, veniva veicolata attraverso videoincontri e pubbliche conferenze diffuse a mezzo di emittenti televisive e via web, nei quali si sosteneva l’efficacia di particolari diete e che “tali diete fossero risolutive di patologie gravi”. A fronte della sanzione disciplinare ricevuta (di carattere sospensivo per un determinato periodo dall’esercizio della professione) il medico impugnava il provvedimento innanzi la CCEPS prima e davanti la Suprema Corte di Cassazione poi, trovando sempre il rigetto delle proprie impugnazioni e la conferma del provvedimento disciplinare.
Orbene, tra i principi alla base della materia dell’informazione sanitaria, si sottolinea che le attività di informazione sanitaria costituiscono “atto medico”.
Nello specifico la Corte di Cassazione afferma che: “tali attività integrano certamente un atto medico, tanto più che le tesi proposte ed i consigli alimentari, pur non accompagnati da visite mediche, erano presentati come
risolutivi di patologie gravi”.